NAPOLI - Da un lato il Borgo Orefici, che vive di fulgida luce propria e appare, fortunatamente, esente da crisi. Dall’altro ci sono i vicoli di Forcella, e più giù, procedendo verso la Stazione, via Pietro Colletta, con la Duchesca e la Maddalena. Al centro c’è il corso Umberto, quel «Rettifilo», un tempo fiore all’occhiello della città e oggi terra di nessuno.
È qui che si sono verificati gli ultimi due suicidi di commercianti stritolati da una situazione economica che potrebbe essere stata ulteriormente avvelenata dalla comparsa degli usurai e della camorra. Nel vortice dei «cravattari» rischiano di finire sempre più persone, denunciano le associazioni di categoria dei negozianti. I quali si sentono soli, abbandonati da tutti: a cominciare da quelle banche che - oggi - non sostengono più gli scoperti e non concedono più fidi. Accade così che tutta l’area che da Forcella arriva a piazza Garibaldi si stia snaturando.
I primi lampi di crisi si erano visti già qualche anno fa, quando anche il settore civile del Tribunale di Napoli (fino ad allora ubicato nel maniero normanno di Castelcapuano) era stato trasferito nella cittadella giudiziaria del Centro direzionale; da quel giorno mercerie, copisterie, garage, bar, ristoranti e alimentari hanno cominciato a chiudere. Affari sottozero. L’esodo di avvocati, magistrati e operatori della giustizia ha dato - in termini economici - il colpo di grazia a oltre 500 esercizi commerciali.
Oggi invece si sta verificando un nuovo fenomeno. Quei pochi coraggiosi che hanno resistito, che due anni fa decisero di non calare le saracinesche dei loro negozi, stanno capitolando, uno a uno: a tentarli sono le offerte di ucraini e bulgari che si sono impiantati nel reticolo antico dei vicoli della Vicaria. Fanno esattamente quello che dieci anni fa, nell’area di via Carriera Grande, a Porta Capuana, facevano i cinesi: si presentano nei negozi che stanno per chiudere (anche a causa dei costi degli affitti, raddoppiati e in molti casi triplicati negli ultimi dieci anni), aprono la valigetta 24ore in similpelle e mostrano mazzette di banconote, denaro contante, offrendo tanti soldi per rilevare l’esercizio.
E in tempi di crisi, quando si sta per chiudere un negozio, i «liquidi» sono opportuni. Per questo tutta la zona intorno a Castelcapuano si sta snaturando, trasformandosi in una Little Odessa all’ombra del Vesuvio. Fin qui la trasformazione in termini commerciali. Ma c’è ancora dell’altro. Che cosa sta succedendo nei quartieri più antichi del centro storico sul piano criminale? Molto.
E anche se è in corso una trasformazione di assetti e di equilibri poco apparente, le novità ci sono. Basta guardare allo sbocco di improvvisa violenza legata a frizioni tra due cosche che si contendono l’area di Forcella e dintorni per avere un quadro più chiaro. Premessa: la crisi è crisi per tutti. Dunque anche per i camorristi.
Le cosche, decapitate dei loro vertici, sono in molti casi allo sbando: niente più boss di polso a guidare i «guagliuni» e a coordinare le attività illecite; molti i collaboratori di giustizia che continuano a mettere nei guai quei pochi affiliati ancora in libertà. Ma, soprattutto, c’è bisogno di soldi freschi per tentare di tenere in ordine le fila delle organizzazioni, oltre che per pagare le «mesate» ai familiari dei detenuti. Per questo le mire dei clan - e nel caso di Forcella parliamo dei Contini da un lato e dei Mazzarella dal’altro - hanno ripreso a contendersi il mercato del falso, un evergreen sempre valido per gli introiti milionari che garantisce.
È qui che si sono verificati gli ultimi due suicidi di commercianti stritolati da una situazione economica che potrebbe essere stata ulteriormente avvelenata dalla comparsa degli usurai e della camorra. Nel vortice dei «cravattari» rischiano di finire sempre più persone, denunciano le associazioni di categoria dei negozianti. I quali si sentono soli, abbandonati da tutti: a cominciare da quelle banche che - oggi - non sostengono più gli scoperti e non concedono più fidi. Accade così che tutta l’area che da Forcella arriva a piazza Garibaldi si stia snaturando.
I primi lampi di crisi si erano visti già qualche anno fa, quando anche il settore civile del Tribunale di Napoli (fino ad allora ubicato nel maniero normanno di Castelcapuano) era stato trasferito nella cittadella giudiziaria del Centro direzionale; da quel giorno mercerie, copisterie, garage, bar, ristoranti e alimentari hanno cominciato a chiudere. Affari sottozero. L’esodo di avvocati, magistrati e operatori della giustizia ha dato - in termini economici - il colpo di grazia a oltre 500 esercizi commerciali.
Oggi invece si sta verificando un nuovo fenomeno. Quei pochi coraggiosi che hanno resistito, che due anni fa decisero di non calare le saracinesche dei loro negozi, stanno capitolando, uno a uno: a tentarli sono le offerte di ucraini e bulgari che si sono impiantati nel reticolo antico dei vicoli della Vicaria. Fanno esattamente quello che dieci anni fa, nell’area di via Carriera Grande, a Porta Capuana, facevano i cinesi: si presentano nei negozi che stanno per chiudere (anche a causa dei costi degli affitti, raddoppiati e in molti casi triplicati negli ultimi dieci anni), aprono la valigetta 24ore in similpelle e mostrano mazzette di banconote, denaro contante, offrendo tanti soldi per rilevare l’esercizio.
E in tempi di crisi, quando si sta per chiudere un negozio, i «liquidi» sono opportuni. Per questo tutta la zona intorno a Castelcapuano si sta snaturando, trasformandosi in una Little Odessa all’ombra del Vesuvio. Fin qui la trasformazione in termini commerciali. Ma c’è ancora dell’altro. Che cosa sta succedendo nei quartieri più antichi del centro storico sul piano criminale? Molto.
E anche se è in corso una trasformazione di assetti e di equilibri poco apparente, le novità ci sono. Basta guardare allo sbocco di improvvisa violenza legata a frizioni tra due cosche che si contendono l’area di Forcella e dintorni per avere un quadro più chiaro. Premessa: la crisi è crisi per tutti. Dunque anche per i camorristi.
Le cosche, decapitate dei loro vertici, sono in molti casi allo sbando: niente più boss di polso a guidare i «guagliuni» e a coordinare le attività illecite; molti i collaboratori di giustizia che continuano a mettere nei guai quei pochi affiliati ancora in libertà. Ma, soprattutto, c’è bisogno di soldi freschi per tentare di tenere in ordine le fila delle organizzazioni, oltre che per pagare le «mesate» ai familiari dei detenuti. Per questo le mire dei clan - e nel caso di Forcella parliamo dei Contini da un lato e dei Mazzarella dal’altro - hanno ripreso a contendersi il mercato del falso, un evergreen sempre valido per gli introiti milionari che garantisce.