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mercoledì 22 dicembre 2010

"Io, col casco ho picchiato per difendere gli agenti"


"Io, col casco ho picchiato
per difendere gli agenti"

Manuel: "Potevo uccidere Cristiano, voglio spiegargli". "Mi sono rteso conto solo dopo cosa avevo fatto e ho deciso di assumermi le mie responsabilità". "Non cerco attenuanti, pagherò. Ma voglio scusarmi"

ROMA - Manuel  De Santis, 21 anni il prossimo aprile, è pentito. Scosso da un storia più grande di lui e che da venerdì scorso lo sta stritolando. "Sono io", ci conferma, "l'aggressore di Cristiano, quello che lo colpisce con il casco". "Non so perché l'ho fatto. Volevo solo evitare gli scontri. Volevo che il corteo proseguisse il suo percorso. C'era tensione, confusione. Ho protetto quel blindato, ho cercato di allontanare la gente. Poi, mi sono gettato sul primo che ho trovato tra quelli che lanciavano sassi e bottiglie".

Ma lei si è reso conto di quello che stava facendo? Cristiano stava lanciando solo della frutta. Un colpo così violento con un casco può anche uccidere una persona.Manuel si avvicina. Alza la testa, ha gli occhi arrossati, qualche lacrime. E' nervoso, la voce a tratti trema. "Non voglio parlare tramite i giornali. Voglio raccontare come sono andate le cose ai magistrati, ai genitori di quel ragazzo e a Cristiano".

Cristiano ha rischiato grosso. Nelle prossime ore sarà operato al setto nasale. Cosa si sente di dirgli?"Che sono amareggiato. Di quello che ho fatto e di quello che gli ho procurato. Ho visto che si rialzava, mi sembrava che non fosse accaduto nulla. Poi ho saputo che cosa gli avevo fatto, di quanto stesse male. Mi sono voluto assumere tutte le responsabilità. Non sono abituato a fuggire. Ho sempre affrontato la vita. Nel bene e nel male".

Incontriamo l'aggressore della manifestazione del 14 dicembre scorso nello studio dei legali a cui si è rivolto, gli avvocati Tommaso Mancini, Federica Falconi e Serena Tucci. Mancini è un principe del Foro di Roma. Ma è stato soprattutto difensore dei primi dissociati delle Br, Valerio Morucci e Adriana Faranda. Ha assistito diversi militanti delle Unità comuniste combattenti (una formazione armata degli Anni 70) e altri imputati nel processo "7 aprile", quello rievocato in queste ore, tra mille polemiche, dal presidente dei senatori del Pdl Maurizio Gasparri.

Con Manuel ci sono anche i genitori. Avranno meno di 50 anni. Non vogliono neanche dire come si chiamano e che lavoro fanno. Il padre si tiene la testa tra le mani. Interrompe il racconto di Manuel. "Mi creda", premette, "siamo angosciati per questo dramma. Un dramma che coinvolge due famiglie, due ragazzi.
Cristiano ha rischiato di morire. "E Manuel ora si assume le sue responsabilità. Ma vogliamo che lo faccia nel modo più dignitoso possibile e nel massimo rispetto per quel ragazzo che ha colpito". La madre, una donna esile e delicata, insiste con un grido strozzato. Allunga le mani. "Viviamo uno strappo profondo, il dramma di due famiglie e di due ragazzi che si stanno aprendo alla vita. Chiedo che la loro situazione sia affrontata in modo sereno, senza strumentalizzazioni".

E noi vorremmo sapere solo perché Manuel si è scagliato in quel modo contro Cristiano.Manuel sbotta. "Adesso vorrei dire qualcosa io. E voglio dirlo in modo chiaro. Le ho già dato una risposta ma se devo parlare con qualcuno lo farò con i magistrati e i genitori di Cristiano".

Dai filmati sembra che voglia difendere il blindato dei carabinieri."Volevo evitare gli scontri, che la manifestazione degenerasse in una guerriglia".

Ha organizzato una sorta di servizio d'ordine?"È stato tutto molto spontaneo e istintivo".

Perché ha deciso solo venerdì di autodenunciarsi?Padre e madre intervengono di nuovo. "Lasci stare, non infierisca". Manuel però vuole continuare.
"Perché solo giovedì sera mi sono reso conto del danno che avevo provocato. Ora sono qui, pronto a rispondere. Ma ai magistrati e alla famiglia".

Sappiamo che lei lavora in una pizzeria."Ogni tanto, quando c'è lavoro".

Studia?"Vorrei farlo, ma devo contribuire al mio mantenimento".

Dicono che lei sia di sinistra, che frequenta i Centri sociali."Si dicono tante cose. C'è sempre bisogno di etichettare le persone. Ho partecipato a quella manifestazione come altri centomila studenti, lavoratori, ricercatori, precari".

Lei ha chiesto di incontrare la famiglia di Cristiano che però fa sapere che è ancora presto."L'ho saputo. E li capisco. Hanno ragione. Aspetterò ma voglio incontrarli come voglio incontrare e parlare con Cristiano. Non cerco attenuanti. Se devo pagare pagherò. Ho bisogno di spiegargli cosa è successo e ho bisogno di scusarmi, con tutto me stesso, nei suoi confronti".

Alcuni testimoni sostengono che assieme a lei c'erano altri ragazzi che oltre a difendere il blindato facevano il saluto fascista lanciando slogan fascisti.Manuel scuote la testa. "Nulla di tutto questo. Non c'erano infiltrati, fascisti, provocatori. C'era solo una grande confusione. Non so neanche io cosa sia accaduto. So solo che ho fatto qualcosa che non mi perdonerò mai nella vita".
(21 dicembre 2010)